In un lembo remoto d'Italia, la costa jonica calabrese attorno a Locri, è esploso nel 2009 un fenomeno musicale e culturale straordinario. Mimmo Cavallaro con i TaranProject ha tenuto in sei mesi oltre settanta concerti, conoscendo un successo via via sempre più travolgente, fino a suscitare un'autentica passione collettiva.
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Sette domande... a Carmelo

Quarto appuntamento della serie.

"Chi dalle terre felici di Gioiosa, affacciate sul mar di levante, voglia raggiungere la dolce piana di Gioia, lambita dal mar di ponente, dovrà attraversare la terra di mezzo.
Avventurandosi lungo la inquietante Vallata del Torbido, vedrà gli alberi carbonizzati, e incontrerà le strane creature di Musaba; ma non si faccia incantare, e giungerà a un mucchietto di case accovacciate tra serre e dirupi, un paesino timido e coccolone: è Mammola, dove vige il culto del nobile pesce del mar dei Vichinghi. Là vive un omone grande e grosso, sapiente patriarca dall'aspetto burbero ma dal cuore d'oro: il suo nome è Nicodemo, ed ha due figli e due figlie, tutti musicanti. Il maggiore si chiama Melo..."

No, non è l'inizio del capitolo apocrifo del “Signore degli Anelli”!
E non è nemmeno fantasy: nomi e fatti, è tutto vero.
Il maggiore, dicevamo, si chiama Carmelo Scarfò, suona nei TaranProject. Ed è un Supereroe, con tanto di doppia identità e superpoteri.
Ne ha dato ampia dimostrazione l'estate scorsa, quando alla sera e fino a notte fonda lo vedevamo dapprima occuparsi del soundcheck, poi esibirsi inesauribile al basso, e compiere prodigiosi balzi e acrobazie sul palco.
Dopo poche ore, smessi i panni di Superman e indossati quelli di Clark Kent (con la sua fronte spaziosa e gli occhiali a monitor gli assomiglia pure un po'...), entrava in studio di registrazione, al NunuLab, per completare a ritmi forzati, da irreprensibile professionista, registrazioni e missaggio del cd “Hjuri di Hjumari”, assistito dal fido Joe Novella.
Come ha potuto reggere quei ritmi per oltre un mese, e sfornare a fine agosto un prodotto di mirabile qualità tecnica?
Superpoteri, appunto!
Carmelo incarna appieno il prototipo del “fratello maggiore”, di chi si fa carico di qualsiasi problema e lo risolve, suscitando ammirazione e trasmettendo fiducia, ma senza mai smettere quel sorriso aperto e contagioso che ne fa un beniamino dei fan. Lui è fondamentalmente un instancabile perfezionista, anche se l'entusiasmo e la generosità che lo animano gli danno quell'aria compagnona che conquista tutti.
E non abbiamo detto ancora nulla delle sue qualità di musicista!
Durante i concerti dei TaranProject, ha scritto qualcuno, ballano anche le mattonelle della piazza. E' proprio così. Merito dell'onda tellurica che irradia dalle corde del basso di Carmelo, svelle il selciato ed elettrizza gambe e corpi. Ma non solo di potenza si tratta, poiché ad essa si abbinano fantasia e creatività che proiettano il suono in cielo, a scoppiettare d'inventiva, con un uso originale delle tecniche di slapping mutuate dal jazz e dal funk.
Con Carmelo i TaranProject hanno un tigre nel motore.

Gli Scarfò e la musica: quattro fratelli, e tutti membri di un unico gruppo, gli Scarma. Tu che sei il maggiore, ti senti in qualche modo il capostipite di questa “covata”? La passione per la musica era già presente in famiglia?

In realtà il merito è tutto dei nostri genitori, che hanno saputo trasmetterci l’amore per la musica e per l’arte in genere. L’idea iniziale di formare un gruppo assieme ai miei fratelli Francesco, Antonia e Giovanna è partita da me, ma questo non fa di me un capostipite. Io e Francesco avevamo alle spalle molte esperienze assieme, con diverse band, quando entrambi sentimmo l’esigenza di creare qualcosa di nostro. Coinvolgere Antonia e Giovanna è stato un passo naturale e necessario per completare il sound degli Scarma.

Sappiamo della tua ammirazione per Jimi Hendrix e il rock anni '70. Sei rimasto legato a quel genere, o ora ascolti altre cose?

Beh, ascolto un po' di tutto, anche perché lavorando come fonico questo mi è utile per migliorare i miei lavori. Apprezzando e suonando prettamente i grandi maestri - Mozart il mio preferito! - ascolti poi le cassette che ci sono a casa, e vieni a conoscenza dei Beatles. Ti metti a suonarli, e loro ti fanno conoscere una realtà musicale ricca di sonorità pazzesche, che stimola in maniera bestiale le tue cellule neuronali - come del resto anche il Don Giovanni, non so se rendo l’idea...
Jimi è quello che manda in tilt i miei neuroni, penso sia una questione di affinità del mio cervello con questo genere di “impulsi elettrici”. Chi ascolta Jimi, viene indirizzato all’ascolto di altri generi musicali: il Blues con John Lee Hooker, Muddy Waters, B.B. King... il Soul con Aretha Franklin, James Brown, Ray Charles... il jazz, adoro Ella Fitzgerald, eccetera... Tutte persone che avevano un forte legame con le loro radici e che in qualche modo sono riuscite a creare qualcosa di innovativo, e soprattutto comunicativo, fondendo la loro tradizione con sonorità “moderne” per quei tempi.

Seguendoti con un po' di attenzione sul palco, si colgono frequenti divagazioni, micro-improvvisazioni nelle linee di basso, in un dialogo continuo con le percussioni di Alfredo: date l'impressione di divertirvi, una specie di sfida alla variazione imprevista, è così?

Quando non sono impegnato a saltare, mi concentro un po' a suonare, e mi diverte trovare nuove linee di basso; se vedo che funzionano, la sera dopo la ripropongo. Da subito c’è stato feeling con Alfredo, siamo cresciuti assieme per migliorare il sound dei TaranProject, e ora viviamo quasi in simbiosi. Per arrivare a questo abbiamo lavorato molto, ogni concerto per noi è una prova, il grosso lavoro che stiamo cercando di fare è quello di dare una “dignità” ritmica al nostro genere musicale: il tamburello e la cassa sono la nostra batteria, e, come in tutti i migliori gruppi rock-pop, il basso deve integrarsi perfettamente con essa.
La ricerca del groove giusto e del sound che ne deve uscire è quello per cui lavoriamo di continuo. Questo è principalmente il nostro compito, essere di supporto a chi sta in trincea (Mimmo, Andrea Giovanna e Cosimo), con i quali, anche se non ci si vede negli occhi, durante il concerto comunichiamo di continuo.

La dinamica che il tuo basso conferisce al sound dei TP è formidabile; eppure qualcuno ancora solleva perplessità sull'utilizzo di uno strumento elettrico, estraneo alla tradizione, in un contesto di musica popolare. Quale ritieni sia l'apporto specifico che il basso può offrire?

In questo senso, conoscere un po' la storia della musica ti fa capire subito se si stai andando verso la giusta direzione. Penso che la chiave del successo per un gruppo che suona tarantelle, come noi, oggi sia quella di avvicinarsi a un sound che potrei definire in modo provocatorio “commerciale”. Per commerciale intendo quel che oggi la gente ascolta, attivamente o passivamente, durante la giornata, che sicuramente è diverso da quello che ascoltavano i nostri nonni.
Gli apparecchi fonografici, e gli strumenti musicali, hanno avuto una enorme evoluzione tecnologica, e ora ci permettono di avere un ascolto su tutto il campo uditivo dell’orecchio umano; tutti hanno a casa impianti home theatre, la stereofonia è una cosa già superata. Questa problematica la vedo più come una questione tecnica, diciamo che senza basso e cassa non c’è niente di serio alle frequenze sotto i 120 Hz.
A livello artistico, basso e cassa potrebbero pure non esserci, ma nel sound dei TaranProject , che amano la “botta”, sono parte essenziale; chi ha seguito qualche nostro concerto capisce di che cosa sto parlando. Il merito è anche di ”Pippi”, Giuseppe Novella, il nostro fonico metallaro ed ex dj, che sa rendere ogni colpo di cassa come fosse quello dell’album “Black” dei Metallica.
Il basso e la cassa, nei nostri concerti, sono un po' fuori rispetto agli altri strumenti, come quando vai in discoteca. La cosa sembra funzionare!

Tra i tanti pregi del cd Hjuri di Hjumari c'è anche il suo suono, originale e non assimilabile a nessun altro prodotto presente sul mercato; immagino che ciò sia grazie all'aver gestito in totale autonomia la registrazione e il missaggio, di cui tu sei l'artefice assieme a Giuseppe Novella: quali sono stati i principi che hanno guidato il vostro lavoro?

Il disco “Hjuri di Hjumari” è il primo lavoro realizzato interamente presso il mio nuovo studio di registrazione, il NunuLab, a Mammola.
Registrazioni, editing, missaggio, mastering sono stati fatti da me e Giuseppe Novella.
Dopo aver compiuto una piccola analisi dei lavori fatti in passato con altre formazioni e dell’evoluzione discografica della tarantella in Calabria, abbiamo deciso di operare seguendo più possibile ciò che il mercato discografico attuale richiede, stando però ben attenti a non snaturare quello che c'è di popolare, cercando di conferire nel mix un sound “moderno” e accattivante, che attiri l’attenzione dell’ascoltatore.
Un altro fattore vincente, per alcuni pezzi, è stato quello di avvicinarci il più possibile al sound che abbiamo dal vivo, cercando di ricreare su disco l’atmosfera magica dei nostri concerti. Questo è stato possibile grazie allo scambio continuo di pareri e opinioni tra fonici e musicisti; e io, facendo parte di entrambe le categorie, sono stato l’anello di congiunzione.
L’intero lavoro è stato completato in un mese, cosa che potrebbe sembrare normale, non fosse che era il mese di luglio, e noi suonavamo ogni giorno! E’ difficile trovare la giusta concentrazione quando sei in tour; ma i TaranProject hanno la scorza dura, abbiamo organizzato le sessioni di registrazione in modo ferreo, con tanto di tabella oraria: non importava se la sera si facevano le 5 del mattino, alle 9.30 si doveva registrare.
“Hjuri di Hjumari” è un buon punto di partenza, come primo lavoro dei Taranproject targati Cavallaro e Papandrea. Magari, avendo un po’ più di tempo, e la possibilità di risentire con tranquillità il lavoro, avremmo preso altre decisioni. Ma va bene così. Ora sta a noi lavorare per migliorare il sound dei lavori futuri.

A quale canzone dei TP sei particolarmente legato e perché?

Dirne una sola mi sembra impossibile, ogni pezzo ha le sue storie ed emozioni.
“Spagna” è uno dei pezzi che mi ricorda con piacere il periodo trascorso con i Sonu Divinu, ad essa sono collegate tante avventure, e concerti incredibili con Andrea, Fabio e Cosimo.
“Brigante se more”, che canta Giovanna, è un pezzo che suono anche con i miei fratelli, in cui si sente moltissimo l'impronta degli Scarma.
Poi c'è “Pizzicarella”, per la felicità che vedo negli occhi delle persone ai nostri concerti.
E “Cantu di lu marinaru”, l'apertura dei nostri concerti, che mi ricorda il magnifico tour 2010.

Qual è il tuo sogno (musicale) nel cassetto?

Mi piacerebbe semplicemente continuare a fare quello che sto facendo, cercando di migliorarmi sia come musicista che come fonico.

6 commenti:

  1. Ogni musicista dei Tp è un elemento fondamentale nel gruppo. Concordo pienamente nell'affermare che negli occhi del pubblico c'è felicità quando parte la fatidica domanda di Cosimo: "Aund'è Cicciu?"
    Arrivau la notizia stamatina, chi Cicciu sa fujiu cu Rosina!! :)

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  2. Ciao Filippo! bellissimo l'articolo, e sono sorpresa della tua grande sensibilità nel capire così a fondo la personalità di Carmelo. Hai dipinto un ritratto sorprendentemente fedele al Carmelo che tutti conosciamo, e non è facile per una persona che non lo frequenta giornalmente! Un saluto dalla "terra di mezzo" Catè

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  3. Vorrei aggiungere, Carmelo è veramente un supereroe...Meloman aiutami tuuuuuuuuuuu!!!!

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  4. Carmelo se bravissimo, ma ricordati che tua sorella Giovanna è più brava di te!!!!!!

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  5. Per chiunque già dall’inizio del concerto avesse qualche dubbio su quale sia la direzione che presto prenderanno le emozioni ed i palpiti dei nostri cuori, travolti da suoni, luci e danze, basterebbe guardare Carmelo schizzare in cielo, è lui che con i suoi salti rimane sempre il primo ad indicarci la strada che porta in alto, che fa volare, che consente il viaggio fra lune lucenti e soli cocenti, stelle brillanti e terre e mari incantati. Carmelo è generoso trascinatore, Carmelo è bravo a raccordare le sintonie delle suggestioni, a metterle in risonanza col suono, a spianare la via al coinvolgimento collettivo. Le corde del suo basso traboccano di elettrica passione, spandono energia palpitante, che subito prende il volo e segna il passo alla gioia e alla euforia. Carmelo si fa ala insieme ad Alfredo, sono loro che, connessi alla dolcezza eterea di Giovanna che sta al centro, battono all’unisono e consentendo planate, cabrate e picchiate nell’universo di calabre meraviglie che i Taranproject regalano al mondo. Grazie Carmelo facci volare ancora!!
    Giuseppe Cricrì

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  6. Bello il basso di Rhodudi (25/7/2012).... Bella botta! Gran divertimento!

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