In un lembo remoto d'Italia, la costa jonica calabrese attorno a Locri, è esploso nel 2009 un fenomeno musicale e culturale straordinario. Mimmo Cavallaro con i TaranProject ha tenuto in sei mesi oltre settanta concerti, conoscendo un successo via via sempre più travolgente, fino a suscitare un'autentica passione collettiva.
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Le divinità di Caulonia

Non si son registrati molti commenti - su facebook né altrove sul web - riguardo alla serata finale del Kaulonia... E sì che l'attesa, per l'incontro dei TP con Antonella Ruggiero, era grande. E la piazza gremita più che mai, sabato scorso.
Cosa pensare? Qualche aspettativa delusa? O forse l'evento, conficcato a fondo nel cuore della notte cauloniese, è stato così intenso da bruciare fino all'osso le energie di appassionati già esausti per la lunga attesa, lasciandoli appagati e senza parole?
Finalmente ci soccorrono le impressioni di La Catarinà, che quest'anno sta assumendo il ruolo di inviata speciale ai grandi eventi, e come sempre ha saputo cogliere riverberi e suggestioni che ci rivelano i colori e le rotondità delle emozioni. Perché una serata con i TaranProject non è mai soltanto un concerto.


31 agosto, minuscola falce di luna calante, ultima serata del Kaulonia Tarantella Festival.
Il concerto si apre con i travolgenti e poderosi Tamburi del Sud, ma la piazza ribolle nell’attesa di quello che accadrà dopo la mezzanotte.
Appare finalmente Giovanna nel suo prezioso abito verde muschio, con l’albero-simbolo dei TaranProject cesellato in argento sulle braccia: sembra sbucata per noi dalle umide frescure di un suo segreto “felicissimu boscu di alberi e frundi” - e invece ha lavorato sodo come presentatrice fino a pochi minuti fa. E non solo lei: tutti i sette appaiono in forma smagliante, pronti a fare faville. È il “miracolo del palco”, al quale ci siamo sempre più abituati man mano che l’estate avanzava: concerti lontanissimi uno dall’altro, ore e ore di viaggio tutti i santi giorni, qualcuno dei sette con gli occhi lucidi di febbre un minuto prima di entrare in scena, qualcun altro che piomba in un sonno invincibile un minuto dopo, eppure sul palco tutti perfetti, brillanti, affiatati e radiosi dall’inizio alla fine.
È così anche stasera, come sempre: la bellezza ormai familiare si rinnova, perfetta, acquistando sfumature nuove in ogni piazza.

La chiesa che fa da sfondo a piazza Mese regala ai giochi di luce uno spazio più compatto e disteso, facendone risaltare la grazia. Mi trovo a immaginare come sia crescere a Caulonia, dove le divinità sono così favorevoli.
Questo, stasera percorso da occhi, bolle, tracce e frammenti luminosi, è un campanile molto diverso da quelli che, in altre parti del mondo, additano il cielo come un dito scarno dall’unghia appuntita. Questo sta sulla terra con noi; fa pensare piuttosto a una buona mamma sulla porta della cucina, a una brava fornaia sulla porta del panificio.
Anche i santi di Caulonia sono così: il sabato di Pasqua, democraticamente incolonnate – santi, Gesù, Madonna, senza inutili formalità gerarchiche – le statue percorrono a serpentina (a Caracolo…), senza saltarne una, ogni pietra della piazza gremita, guardandoci bene con gli occhioni aperti ben disegnati e ben dipinti, come premurosi padroni di casa o navigati maggiordomi in grado di cogliere con istinto sicuro ogni nostra necessità. Pronti a darci una mano come la Madonna a Cana: “figlio, hanno finito il vino: che dici, ci pensiamo noi?”.
Dev’essere bello crescere accompagnati da divinità così benevole. Magari è per questo che gli abitanti di Caulonia sanno fare belle anche le rivoluzioni: prendendo le armi quando era necessario, e oggi invece imbracciando la lira e la chitarra battente.
Fatto sta che ascoltare qui “Castrum Vetus” è un’altra cosa. “Rivoluzioni Rivoluzioni” non suona come un eroico tentativo del passato: sembra avvenire oggi, sembra finalmente possibile senza armi, nella generosa bellezza di una cultura che torna a vivere, nella ritrovata passione di stare tutti insieme e di affratellarci “sutt'a lu stessu cielu” con altri diseredati del mondo.

Tutti questi pensieri scorrono in sordina mentre si snoda la solita scaletta, più qualche felice ricomparsa, ma anche meno qualcosa: mancano all’appello pezzi-gigante come “Gira la testa mia”, “La virrinedda”, “Passa lu mari”… Tutti speriamo che siano stati tenuti in serbo per un prezioso carosello finale insieme alla grande Antonella Ruggiero: e così è.
Quando finalmente lei arriva - minuta, gentilissima, incantata dall’energia esplosiva della piazza traboccante – scopriamo che la sua voce, già fenomenale nelle celebri e storiche registrazioni con e poi senza Matia Bazar, dal vivo è, miracolosamente, ancora più ricca, colorita, duttile, davvero portentosa. Una delle pochissime, forse la sola voce italiana che può regalare qualcosa di unico a un gruppo che possiede già tre meravigliosi cantanti. La voce di Antonella trasvola sopra le strofe, gioca ad assottigliarsi e ad arricchirsi di timbri, piroetta, fa le capriole: una meraviglia.


E poi ancora, anche quest’anno, il finalone col botto. Antonella, i TaranProject e tutti i Tamburi del Sud in un tripudio di percussioni e voci che fa tremare la piazza. Caulonia festeggia e balla tutta intera fino all’ultimo filo di fiato. Rivoluzioni! Rivoluzioni! La facciamo così: nella gioia, nella creatività, nella costruzione di ponti culturali.
È praticamente l’alba quando ci congediamo da Caulonia e dalle sue premurose divinità.
Arrivederci all’agosto del 2014, per altre meraviglie!

Il video del gran finale di nottata:

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